FAQ

1. Di chi sono i files originali nel caso della foto di matrimonio e ritratto?

ci siamo documentati nel dettaglio su quali siano le norme di legge e le consuetudini d’uso per quello che riguarda la “proprietà” degli originali (negativi su pellicola, o files digitali sorgenti) dei servizi fotografici.

Gli originali delle riprese di matrimonio, cerimonia e ritratto per legge appartengono fifty-fifty (cioè in proporzione uguale) sia al fotografo che ai clienti che hanno commissionato il servizio.

E quindi:

a) E’ corretto che vengano custoditi presso lo studio del fotografo, sempre nel rispetto delle norme sulla privacy (non puo’ avvenire pubblicazione senza assenso).

b) E’ corretto che i clienti i non pretendano la consegna incondizionata di tali originali, ma la richiedano a fronte di un giusto compenso.

c) E’ corretto che il fotografo non li consegni “di default”, ma dia la possibilità di riscattare la quota di “proprietà” dei clienti.

d) Conseguentemente, sono invece erronee le posizioni sia dei clienti che pretendono la consegna su semplice richiesta, come anche è sbagliata la posizione del fotografo che si rifiuti, ad ogni costo, di consegnarli.

Queste indicazioni valgono in assenza di espliciti sulla disponibilità degli originali.

Se esistono scritture di accordi interpersonali, valgono tali accordi.

2. Perche’ non vengono consegnati i files raw del proprio lavoro

ci preme darvi qualche ragguaglio sulla fornitura dei files delle immagini per voi realizzate ed, in particolare, sul fatto che queste siano trasmesse in formato (jpg, tiff, png, psd, eccetera) e non in un formato cosiddetto “raw”.

Il file raw, infatti, è un semilavorato, e di norma non viene consegnato al cliente o al committente, ma resta al fotografo o al postproduttore proprio per questa sua natura non finita.

Si tratta di un semilavorato, e come tale incompleto e imperfetto, cioè etimologicamente: non compiuto.

Da quel semilavorato possono discendere anche forme di varianti che l’autore non avrebbe mai concepito, e che possono ledere il diritto morale esplicitamente previsto dalla legge sul diritto d’autore (art. 20 legge 633/41).

A nessun musicista si chiederebbe di consegnare le fasi non definitive dei suoi spartiti, ne’ lo scrittore diffonde gli appunti o le stesure provvisorie di una sua opera.

Il file raw di una ripresa fotografica, alla stessa stregua, non è assolutamente un risultato finito e “chiuso”, e come tale non viene diffuso.

Il nostro studio garantisce impegno e dedizione per trasmettervi delle immagini finali ottimizzate per l’uso che abbiamo concordato, avendone curato con attenzione e competenza la conversione nel formato finale di consegna. E, proprio perché finito e rifinito, tale formato di file non rappresenta una versione “menomata” dell’originale ma, al contrario, realmente costituisce l’originale del nostro lavoro.

La versione precedente in raw non sarebbe originale, ma semplicemente incompleta.

Nel caso le vostre lavorazioni richiedano, per reali e fondati motivi tecnici, di intervenire sui semilavorati, la consegna di files sorgenti (files immagine raw e files grafici a livelli aperti), può certamente essere oggetto di un esplicito differente accordo fra di noi, ridefinendo tuttavia compensi e modalità d’uso delle immagini.

3. Cosa si intende per “risoluzione adatta alla stampa”

Per fare in modo che non esistano zone d’ombra sul nostro operato, vi spieghiamo in modo preciso ma comprensibile che cosa si possa intendere per “alta risoluzione”; soprattutto, che cosa concretamente possa servire per stampare immagini di qualità dai files che vi forniamo.

Come certo sapete, il numero di pixel che compongono l’immagine ne determina la possibilità di dettaglio; come un mosaico, maggiore è il numero delle tesserine che lo compongono, più alto è il dettaglio che puo’ rappresentare. Esiste una regola estremamente semplice per capire da subito quanti pixel occorrano per una stampa di qualità. Sia che si tratti di stampa offset (cataloghi, libri, riviste, brossure, eccetera), o stampa digitale (stampe su carta, per proprio uso), si puo’ procedere così: si controlla la misura in pixel sui lati dell’immagine, la si divide per 120, e con questo si ottengono le dimensioni in centimetri dell’immagine stampabile con buona qualità, con quel file.

Esempio: partendo da un file di 1200 x 960 pixel, potremo ottenere una buona stampa di 10×8 centimetri (1200:120 = 10 cm, e 960:120 = 8 cm).

Il calcolo, semplificato, corrisponde a una densità di circa 305 DPI.

Allo stesso modo, si puo’ utilizzare un calcolo simile per sapere quanti pixel occorrano per stampare una buona immagine: sapendo quanti centimetri dovrà misurare l’immagine finale sui due lati, basta moltiplicare quelle misure per 120 per sapere di quanti pixel necessitiamo.

Supponendo, ad esempio, di dovere stampare un 13×18 cm, ci occorrerà un file che misuri almeno 1560 x 2160 pixel (13×120 e 18×120). E’ invece un’informazione non univoca e non del tutto significativa il dichiarare il “peso” in megabyte delle immagini.

Le dimensioni espresse in “mega”, infatti, sono enormemente variabili in relazione ad aspetti non determinanti sulla risoluzione dell’immagine. Ad esempio, una foto in formato *.jpg “peserà” molto di meno se l’immagine contiene ampie zone di tinta omogenea (come ad esempio il cielo); oppure, lo stesso file puo’ “pesare” sensibilmente di piu’ – a parità di risoluzione finale – se si cambia il metodo di rappresentazione del colore, o se si usano delle informazioni di profondità colore differenti (ad esempio a 16 bit anzichè 8).

Le immagini che vi alleghiamo, e per le quali abbiamo concordato la cessione del diritto di utilizzo, vi vengono fornite in formato jpeg.

4. Determinazione tariffe professionali

Il servizio fotografico non ha un suo valore commerciale assoluto. Sono molte le variabili che determinano il prezzo finale. Sul costo di ciascun lavoro influiscono, fra l’altro:

1) Il livello professionale del fotografo contattato.

2) La complessità di realizzazione dell’immagine, sul piano tecnico od organizzativo.

3) L’apporto creativo richiesto al fotografo.

4) La destinazione d’uso della fotografia.

5) L’entità della commessa di lavoro.

6) La predisposizione all’elasticità tariffaria del professionista.

7) L’entità degli investimenti e della strutturazione dello studio.

8) Gli anni di esperienza del professionista.

9) Le spese legate alla dislocazione geografica dell’attività.

Se il problema delle tariffe fosse riconducibile alla sola difficoltà tecnica di realizzazione delle immagini, la valutazione del “valore” dell’immagine sarebbe semplice. Dato che, invece, occorre dare un preciso valore commerciale a molti elementi di difficile quantificazione, ecco comparire diversi parametri e diversi sistemi di calcolo.

Vediamo prima nel dettaglio quali siano le diverse variabili, e poi come queste si applichino ai diversi settori di impiego.